Radio Corsa - Il Punto sul Giro 100 (06)

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di Stefano Stradotto

Da Vincenzo Nibali a Vincenzo Nibali, dunque. Il ciclismo italiano ha ritrovato ieri il successo al Giro che mancava dalla terz'ultima tappa dello scorso anno, quella che a Risoul permise a Vincenzo di iniziare a ribaltare un Giro che l'indomani avrebbe vinto a S.Anna di Vinadio. Dopo 15 tappe di digiuno e quasi un Giro intero dopo, quindi, siamo ripartiti sempre da un'impresa dello Squalo dello Stretto, impresa se possibile ancor più di valore dal punto di vista tecnico paragonata a quelle già entrate nella storia messe per l'appunto a segno nell'edizione 99.
Si potrebbe riflettere sul fatto che il nostro movimento ciclistico non abbia alternative per portare a casa successi nella "propria" gara se non quella di affidarsi al vecchio leone già vincitore di due Giri, un Tour e una Vuelta, ma rimandiamo per il momento i bilanci e le analisi preoccupanti sul ciclismo azzurro per concentrarci su quanto avvenuto ieri.
Una tappa che è ancora, a distanza di un giorno, negli occhi di tutti gli appassionati, indiscutibilmente la più dura e la più affascinante di questo Giro 100. Il Mortirolo piazzato come  inconsueto e al tempo stesso già indigesto antipasto, poi lo Stelvio con i suoi tornanti che ad ogni curva presentano uno scenario diverso, il bosco prima, il paesaggio brullo poi, i muri di neve infine, una volta arrivati a ridosso dei 2700 metri, pur in una giornata tiepida e clemente. Nonostante l'altimetria la tappa sembra però sonnecchiare e rischia per un lungo tratto di venire catalogata come deludente. Questo perchè i rivali della maglia rosa Tom Dumoulin non accennano a muoversi; Quintana ha sì mandato in avanscoperta nella fuga del mattino tre compagni di squadra, ma sullo Stelvio non si muove rendendo dunque l'azione dei compagni stessi abbastanza inutile ai fini delle strategie di corsa. Il vantaggio enorme accumulato da Dumoulin avrebbe dovuto portare, nei pronostici della vigilia, ben altra bagarre fin dalla prima scalata dello Stelvio ma ciò non avviene, e la calma apparente si mantiene anche nella susseguente discesa che porta il gruppo a sconfinare in Svizzera.. Poi, proprio all'attacco della seconda ascesa verso lo Stelvio, ecco l'imprevisto, compagno di viaggio dei ciclisti probabilmente più che di qualsiasi altro sportivo: Tom Dumoulin si sente male, problemi intestinali si scoprirà poi, si ferma a bordo strada, perde terreno, perde le ruote del gruppo ed in un attimo il Giro si riapre quando sembrava essersi assopito. Il gruppo a quel punto viaggia un paio di chilometri nel dubbio: proseguire a ritmo elevato attaccando, oppure aspettare la maglia rosa? Prevale una via di mezzo, nel senso che dopo i primi due chilometri di smarrimento il plotoncino dei migliori si assesta su una velocità di crociera sostenuta ma non esasperata, in definitiva regolare. In maniera abbastanza incomprensibile, aggiungiamo noi, in quanto si tratta di un momento cruciale per guadagnare minuti su un Dumoulin fin lì padrone del Giro e forte anche della cronometro all'ultima giornata. Seguirà polemica inopportuna nel dopo tappa, con Dumoulin che accuserà neanche troppo velatamente gli avversari di slealtà per aver tirato dritto nonostante il suo problema e nonostante quanto fatto da lui e dalla sua squadra 48 ore prima, con il rallentamento in ossequio al fair play dopo la caduta in discesa di Quintana. Ci permettiamo di dire che il fair play non sarebbe dovuto esistere nè nel primo nè nel secondo caso: il ciclismo, infatti, non è il calcio o un altro sport in cui un incidente o un inconveniente possono innescare in maniera anche comprensibile uno stop o un gesto di fair play, il ciclismo è uno sport di strada ed in quanto tale prevede in modo ineluttabile imprevisti che sono parte integrante della corsa. Una caduta in discesa può capitare un giorno a me il giorno dopo a te, cosa pretenderebbe dunque chi alza una polemica simile, che ogni giorno la gara sia neutralizzata nel momento in cui si verifichi un problema? Inconcepibile e inattuabile. Senza contare poi che difficilmente accadimenti del genere nel ciclismo sono attribuibili solo alla sfortuna, ma fanno parte delle "abilità" del corridore: una scivolata in discesa raramente è figlia solo della sfortuna, ma più spesso della capacità del ciclista in questione di guidare la bicicletta, così come un problema come quello accusato ieri da Dumoulin è con ogni probabilità dovuto ad un errore nell'alimentazione da parte dell'olandese, non casuale dunque. Per tutti questi motivi il fair play nel ciclismo, tirato in ballo in questa maniera, non ha senso di esistere.
Quello che è seguito, ad ogni modo, è stato lo show di Vincenzo Nibali, primo a rompere l'immobilismo a 5 km dalla vetta dell'ultima salita; poco da dire se non che Vincenzo ieri era il più forte. In salita, laddove stacca di ruota tutti gli avversari diretti tranne Quintana, che comunque patisce non poco per restargli in scia; in discesa, con l'eccezionale rimonta su Landa in fuga che allo stesso tempo gli permette di staccare lo stesso Quintana; più forte di testa, nella lucidità e nella tenuta, esempio su tutti il salto con cui evita a quasi 100 km/h una striscia d'acqua sull'asfalto nella discesa verso Bormio; più forte infine persino in volata, con le impeccabili traiettorie che gli permettono negli ultimi metri di battere Landa allo sprint e di far tornare l'Italia al successo. L'esito di tutto ciò, oltre al successo di tappa, è poi soprattutto la riapertura del Giro. I distacchi abissali tra Dumoulin ed il duo Quintana-Nibali non esistono più: 31 i secondi di vantaggio dell'olandese sul colombiano, 1'12" su Vincenzo. Saranno loro tre a giocarsi il successo finale, alle loro spalle sono rimbalzati indietro Pinot e Mollema, così come Jungels, mentre un applauso va a Domenico Pozzovivo, quarto a Bormio e sesto nella generale.
A questo punto, dopo la frazione interlocutoria di oggi con arrivo a Canazei e fuga vincente del francese Rolland (anche la Francia centra il primo successo in quest'edizione) tutto comincerà a decidersi a partire da domani: altro tappone, quello classico dolomitico con sei passi da scalare e nuovo assalto alla maglia rosa. Dumoulin nonostante l'imprevisto dello Stelvio si è distinto per una difesa da applausi del primato e pare essersi ripreso, ha dalla sua la cronometro di Milano e può nonostante tutto permettersi ancora di gestire, tuttavia l'inconveniente patito è senz'altro figlio della sua fin qui atavica difficoltà nella gestione complessiva della terza settimana di un Grande Giro e questo andrà tenuto in conto.
Quintana non sembra al 100%, la sparata del Blockhaus aveva probabilmente illuso perfino lui stesso sulle sue condizioni di forma, del resto puntando sull'accoppiata con il Tour ci poteva stare che la condizione non fosse al top in questo Giro, tuttavia il capitano Movistar resta il più forte negli arrivi in salita e questo non può non contare.
Una cosa è certa, se questo Giro sarà incerto e appassionante fino all'ultimo il maggior merito sarà ancora una volta di Vincenzo Nibali, il più coraggioso e fantasioso dei corridori in gruppo, in definitiva il più completo tra i tre pretendenti e soprattutto il migliore nella terza settimana quando le doti di fondo vengono fuori in tutta la loro importanza. Basterà tutto questo per colmare il distacco attuale? Lo scopriremo a partire da domani, di certo se c'è un elemento che può ribaltare questo Giro 100 è la classe sempre immensa dello Squalo dello Stretto.
Appuntamento dunque a domattina sul Pordoi e poi a seguire su tutte le altre salite di un Giro comunque bellissimo e quantomai incerto..




Per la storia del Giro eccoci ad uno dei corridori più forti e completi che il nostro ciclismo abbia prodotto, Felice Gimondi. Leggendario quasi quanto quello tra Coppi e Bartali il suo duello con Merckx. Probabilmente non avesse incontrato il belga sulla sua strada, Felice sarebbe stato uno dei corridori più vincenti di sempre; ma anche in questo modo il suo palmares è impressionante con tre Giri, un Tour, una Vuelta, una Roubaix, una Sanremo, un Lombardia, soprattutto il Mondiale 1973 vinto proprio davanti all'eterno rivale. Tornando al Giro, anche nel 1976 Gimondi trionfa al cospetto di Merckx, centrando la terza maglia rosa a nove anni di distanza dalla prima, nonchè il nono podio, record fin qui imbattuto. In questo filmato tratto dal canale di Lucio Celletti "archeosport" la cronometro decisiva di quell'edizione, con commento di Beppe Conti per la storica collana di vhs Logos tv.





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