VIZI E PREGIUDIZI SUL NUOVO TESTO UNICO FORESTALE

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VIZI E PREGIUDIZI SUL NUOVO TESTO UNICO FORESTALE

Il Comitato TerrA pubblica un documento che analizza punto per punto la legge in fase di approvazione finale
SULMONA - A  rischio ci sono l’ambiente, l’economia dei luoghi, le comunità che li abitano, la loro sicurezza. Si unisce al coro di voci dei contrari il Comitato TerrA – Territori Attivi che lancia un documento (in allegato) fitto di osservazioni sullo  “Schema di decreto legislativo recante disposizioni concernenti la revisione e l'armonizzazione della normativa nazionale in materia di foreste e filiere forestali, in attuazione dell'articolo 5 della legge 28 luglio 2016, n. 154”, in fase di approvazione in sede di Consiglio dei ministri probabilmente la prossima settimana.
Una legge che, più che guardare alla tutela dei boschi italiani, mira a rafforzarne la loro produttività nell’ambito delle filiere commerciali venendo meno ai principi fondamentali: sicurezza e salute in particolar modo. Come evidenziato dai professionisti che hanno collaborato alla stesura del documento, e da diversi esperti del settore in Italia, il testo unico presenta gravi “vizi”, addirittura l’incostituzionalità, come paventato dal vice presidente emerito della Corte Costituzionale, Paolo Maddalena.

Vizi, pregiudizi ed imprecisioni scientifico-giuridiche tali da mortificare il “patrimonio naturale” nazionale. Nei meandri di articoli e commi si nascondono diverse insidie che lasciano nei fatti le foreste italiane nelle mani di diversi interessi economici, primo fra tutti il mercato delle biomasse con gravi ripercussioni sulle condizioni climatiche e venendo meno alle normative europee con nefaste conseguenze per la salute pubblica. Una “logica interventista” che lo rende, nei fatti, esposto ad esclusive logiche produttive, con alberi e boschi equiparati a “coltivazioni agrarie” nel solo interesse di alcuni,  accaparrandosi consensi attraverso facilitazioni e finanziamenti pubblici  tali da creare un circolo vizioso che potrebbe condurre rovinosamente ad opere di urbanizzazione in luoghi fino ad ora preservati dall’ingordigia dell’uomo, con ulteriori interventi come strade ed opere varie a ripagare lo scempio fatto.   
Cosa accadrebbe se la legge venisse approvata? Incremento della fragilità di ecosistemi già deboli (dissesto idrogeologico, maggiore rischio incendi); perdita di superfici naturali; maggior inquinamento; urbanizzazione e cementificazione della montagna; eliminazione di una elevata percentuale di boschi italiani, almeno quell’attuale 40% generatosi da terreni abbandonati (ex coltivi e/o ex aree urbane).
Il documento, sottoscritto da diverse associazioni ed esperti del settore, è stato inviato al presidente della Repubblica che può impedirne la promulgazione, al presidente del Consiglio dei ministri, al ministro dell’Ambiente, all’Ispra e a tutti i maggiori  enti e organi a vario titolo coinvolti.



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