UIL SU GARANTE DEI DETENUTI IN ABRUZZO: "FIGURA IMPORTANTE A CONDIZIONE CHE…."

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SULMONA - Fermo restando il presupposto per il quale il legislatore ha voluto, in tempi non sospetti, “inventarsi” una figura all’interno del comparto giustizia quale è il Garante dei detenuti, la Uil pone alcune pregiudiziali sull’utilità che tale fideiussore sociale potrebbe avere nello scenario globale dei penitenziari abruzzesi.La regola che innanzitutto dovrà seguire, al fine di poter ricevere il benestare da parte della Uil, è che non potrà esserci trattamento senza sicurezza così come siamo fortemente convinti non potrà esserci sicurezza senza trattamento.
Ed è partendo proprio da questo presupposto che vorremmo spendere argomentazioni positive su questa figura e che, ad oggi, seppur a distanza di oltre 3 anni dall’apposizione della prima pietra, non ancora se ne vedono i natali.
La realizzazione di un idoneo percorso trattamentale così come previsto dalle principali norme nazionali ed internazionali (non ultima la Costituzione) renderà sicuramente migliore un mondo qual è quello carcerario talmente falcidiato di eventi critici da relegarlo a mera anticamera dell’inferno.
Avere una personalità che concorra al raggiungimento di tali obiettivi altro non costituirebbe che un ottimo viatico non solo per le aspettative di quei detenuti che hanno deciso o decideranno di cambiare impostazione di vita ma anche e soprattutto per tutti quegli operatori che, in un modo o nell’altro, hanno a che fare con il carcere.
Tra l’altro la storia ci insegna che lavorare in direzione del trattamento molto si riesce a fare per rendere sicuramente più tranquillo un posto altrimenti in balìa di una inevitabile deriva stante i cambiamenti sociali che lo hanno caratterizzato ( molti più stranieri e tossicodipendenti rispetto al passato).
Un esempio su tutti: l’avvento della legge Gozzini e capace di eliminare quasi del tutto il numero di omicidi all’interno dei penitenziari italiani.
Il Garante, che contrariamente a quanto si può pensare non è una figura nuova nello scenario penitenziario mondiale ,ha visto il suo primo approccio nel lontano 1809 in Svezia. Tale nuova impostazione era nata per tutelare i diritti delle persone private o limitate della libertà personale e per sorvegliare l’applicazione delle leggi e dei regolamenti da parte dei giudici e degli ufficiali.
Oggi, tale figura  rivestirebbe i panni, qualora anche l’Abruzzo se ne dotasse, di tutore anche di tutti gli operatori penitenziari.
Far rispettare le leggi allo Stato invitandolo ad attuare tutto ciò che di positivo le leggi che esso stesso ha partorito altro non significherebbe che migliorare le condizioni di tutti.
Far vivere nel diritto il detenuto gli farebbe vivere meglio la carcerazione. Ciò porterebbe come logica conseguenza, attesa l’inevitabile ripercussione positiva che lo stesso avrebbe sul morale del ristretto, un netto miglioramento delle condizioni di chi, e non è sminuente affermarlo, si ritrova a svolgere una delle professioni più debilitanti in assoluto e che la annovera come una delle più drammatiche dal punto di vista della sopportazione psicologica ( 115 suicidi in 12 anni).
Se il Garante concorrerà al raggiungimento degli obiettivi che sia la Costituzione che l’Ordinamento penitenziario si pongono denunciando ciò che noi del sindacato da tempo immemore denunciamo è cioè:
1.    situazioni strutturali al limite dell’indecenza;
2.    condizioni climatiche degne di un paese del terzo mondo;
3.    troppo poco personale preposto al recupero e al reinserimento del reo;
4.    sanità penitenziaria non degna di essere chiamata tale ( a tal proposito il passaggio del sistema sanitario sotto l’egida delle ASL avvenuto nel 2008 non ha fatto altro che peggiorare la situazione);
5.    sovraffollamento carcerario;

La Uil non potrà altro che benedirne l’avvento.
Sempre se ciò accadrà. Oviamente






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