Dopo il determinismo? Il Caos

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Dopo il determinismo? Il Caos

(Venerdì 22 Febbraio 2019)
In un recente scritto, Roberto Quaglia confessava di non sopportare i filosofi e riportava la seguente frase di H. D. Thoreau: ”Al giorno d’oggi vi sono professori di filosofia, ma non filosofi”; io sono perfettamente d’accordo con entrambi ed anzi sto ben attento a non scivolare nel nebuloso e retorico mondo della filosofia, che, da reminiscenze liceali, per quanto mi sovvenga, “ è quella cosa con la quale e senza la quale il mondo rimane tale e quale”. Se è giusto affermare che una volta c’erano i filosofi, che erano la cuspide della conoscenza e sapevano di Fisica come di etica, di Biologia come di morale, di Astrofisica come di astrologia, oggi, con l’enorme ed affascinante progresso delle conoscenze scientifiche, non vi può essere più
nessun uomo al mondo di tale potenza intellettuale da abbracciare e dominare tutte le branche del sapere scientifico, per giunta assieme alle altre discipline della cultura umana.

Coloro che la società chiama filosofi, hanno disimparato la filosofia seguendo un corso di laurea scaduto millenni fa, hanno, come dice Quaglia “incancrenito la loro stolidità insegnando ad altri ciò che ebbe senso quando le conoscenze umane erano così poche da potersi stivare in qualsiasi mente accettabilmente dotata…. Coloro che la società oggi chiama filosofi sono in genere null’altro che storici della filosofia e la differenza è immane! Essi null’altro capiscono oltre all’ombra di ciò che secoli fa geni ignoranti capirono. Essi nulla sanno di ciò che di saliente in questi ultimi decenni l’umanità ha iniziato a pensare…. Il Vero filosofo ha bisogno della sua vita per assorbire tutte le sconvolgenti implicazioni della teoria della Relatività, della Fisica Quantistica, delle Teoria del Caos, delle Catastrofi dell’Olismo, della Geometria Frattale, delle Reti Neurali….”
Mi sembra che è quanto andiamo sostenendo fin dalla prefazione di questo libro ed in altri scritti precedenti: è la Scienza la vera luce della conoscenza, perché, paradossalmente è proprio l’imperfezione, della quale è perfettamente conscia, che conferisce alla Scienza il valore di linguaggio universale. Nessuno di coloro che operano nel mondo della Scienza, almeno spero, si illude di poter conoscere la “verità” quale essa autenticamente è, indipendentemente dall’osservatore; questo è impossibile, la Meccanica Quantistica, Prigogine ed innumerevoli esperienze ce l’hanno insegnato, ma possiamo dire molto di come la Natura si rivela a noi se interrogata con i metodi corretti delle Scienze.
Possiamo ragionare sulla veridicità dei modelli scientifici, delle teorie; non possederemo mai la verità assoluta dei teologi e dei filosofi, semplicemente perché tale conoscenza assoluta è pura presunzione umana; l’avere capito ciò costituisce il limite e la grandezza della concezione scientifica (non scientista) dell’Universo, perché disporre di conoscenze limitate è sempre meglio di non disporre di nulla e brancolare nelle tenebre della superstizione, come ai tempi in cui un frate cappuccino poteva imporre ad ogni uomo come e cosa pensare. Fortunatamente, come abbiamo visto, il progresso della conoscenza scientifica comporta la sostituzione dei modelli e dei “paradigmi”; ,ma ciò non avviene secondo il principio d’autorità dell’ipse dixit. Non è l’autorevolezza o l’autorità di questo o quello studioso a condurre all’accettazione di questo o quel paradigma, ma soltanto la sua aderenza e coerenza con il livello delle conoscenze disponibili; normalmente nelle Scienze non riscontriamo negazioni ma superamento e ciò è alquanto differente a tutto quanto accade nelle cosiddette materie umanistiche. Probabilmente, stiamo vivendo uno di quei periodi eccezionali di cambiamento di paradigma (in senso kuhniano), anche se alcuni studiosi lo negano; la Scienza deterministica newtoniana e cartesiana non basta più a spiegare quanto di nuovo è venuto fuori negli ultimi secoli.
Darwin ha introdotto il concetto di “novità”, di evoluzione nell’immenso orologio cosmico che necessitava soltanto di essere caricato per funzionare da solo ed uniformemente per tutto il corso del tempo rimanente. Anzi, lo stesso concetto di tempo reversibile, in armonia con le leggi della dinamica è difficilmente conciliabile con la “freccia del tempo” che s’impone prepotentemente con gli studi evoluzionistici nonché con la Termodinamica. L’Universo non è quella precisissima ma stupida macchina prevedibile determini-sticamente e che non ammette novità; l’Universo di Newton è stato sempre difficile da riconciliare con la Natura apparentemente casuale dei processi fisici. Furono Maxwell e Boltzmann che introdussero in Fisica l’elemento statistico, mentre il termine entropia (termine di derivazione greca che significa cambiamento o evoluzione) fu introdotto nel 1865 da Clausius; la produzione di entropia esprime un’evoluzione irreversibile del sistema, prova evidente che le leggi fisiche implicano una direzione nel tempo.
Le trasformazioni reversibili della Scienza classica non possono dunque essere utili in Termodinamica, che nacque con un lavoro di Sadi Carnot sulla potenza motrice del fuoco, nel 1824; mentre per la Meccanica classica il modello era stato quello della Natura-Orologio, per l’età industriale la natura è simboleggiata da una riserva d’energia sempre minacciata dall’esaurimento delle sue fonti. La direzione preferenziale nel tempo ora è chiara, infatti nessuna macchina termica restituirà mai il carbone che ha divorato, in quanto, com’è noto, l’energia pur conservandosi, si dissipa. Però è molto importante tener sempre presente, trattando di entropia, che la sua produzione contiene immancabilmente 2 elementi dialettici: un elemento creatore di disordine ed un altro produttore di ordine ed i due sono sempre legati.
Se in due recipienti comunicanti mettiamo una miscela di H2 ed N2, se la temperatura interna del sistema è omogenea, lo stesso sarà per la distribuzione dell’H2 e dell’N2. Ma se assoggettiamo i confini del sistema a temperature differenti, creiamo una distribuzione contrastata e ne sarà avvantaggiato qui l’idrogeno e là l’azoto; dunque, sottoponendo il sistema ad una costrizione termica, si crea evidentemente una dissipazione, un aumento di entropia, ma anche si produce dell’ordine. Si tratta del fenomeno noto come antidiffusione; su grandi linee, possiamo quindi affermare che la storia dell’Universo è costituita da una dialettica tra la gravitazione e la Termodinamica o, se si vuole tra Einstein e Boltzmann. Il messaggio lanciato dal secondo principio della Termodinamica è che non possiamo mai predire il futuro di un sistema complesso; per lungo tempo, la Scienza determinista ha avuto difficoltà ad intendere come mai in un Universo morente, a causa del secondo principio, la complessità, le novità evolutive e l’organizzazione siano aumentate progressivamente e costantemente.
Se la Meccanica newtoniana può essere considerata il trionfo della necessità e la Termodinamica consiste nel trionfo della probabilità e della Meccanica Statistica, lo studio dei sistemi lontani dall’equilibrio sono il regno dell’impredicibilità e quindi il trionfo della libertà e l’inizio di un modo nuovo di considerare l’Universo. Infatti, in un sistema fisico possiamo notare chiaramente 4 livelli di descrizione: A) Determinismo, con Newton, Cartesio, Laplace; B) Imprecisione statistica con Boltzmann; C) Indeterminazione quantistica con Heisenberg, Schorodinger; D) Caos deterministico, con Poincarè, Prigogine.
Per comprendere come sia mutata la Scienza nel XX secolo, dobbiamo per forza considerare le 3 grandi scoperte che hanno rivoluzionato la Logica Matematica, la Meccanica e lo studio dei sistemi lontano dall’equilibrio. Infatti, il Teorema di Godel, come già abbiamo visto, mostra che esistono affermazioni che non possono essere provate come né vere né false, Poincarè fa notare che la complessità e l’impredicibilità sono conseguenze del determinismo delle equazioni di Newton, per cui il comportamento disordinato e caotico è conseguenza delle leggi della meccanica classica. Anzi, lo studio dei fenomeni caotici conduce alla constatazione che la condizione più frequente in Natura è il Caos che appare stabile e robusto al contrario dell’ordine che invece appare di rado ed è suscettibile inoltre di perturbazioni di minima entità: In un tale capovolto scenario si comprende meglio come il programma evolutivo della Natura non possa che consistere nell’utilizzare lo stesso Caos come strumento evolutivo, dando origine alle cosiddette mutazioni casuali.
La terza rivoluzione scientifica del secolo ventesimo, cioè la scoperta del Caos deterministico, avvenuta negli anni 70 di quel secolo, fece maturare tra gli studiosi il concetto straordinario che non è possibile prevedere il futuro di un sistema, come si era vagheggiato nei sogni deterministici newtoniani; ricordiamo infatti che un sistema si dice deterministico quando il suo stato futuro è univocamente determinato dal suo stato iniziale. L’osservazione di una certa regolarità nel moto dei corpi celesti generò l’illusione di vivere in un Universo ordinato e completamente predicibile, tanto da far credere ad un grande scienziato, quale fu Laplace, che conoscendo le coordinate di tutte le particelle dell’Universo è possibile dedurne tutta la storia passata e futura di esso.
Questa fiducia illuministica nella capacità dell’uomo di dominare sempre meglio gli eventi e prevederne l’evoluzione oggi è venuta meno, ma, in cambio la Scienza ha cambiato la tetra e lugubre prospettiva di Monod, quale appare dalla lettura del suo capolavoro, Il caso e la necessità, con quella ben più ottimistica e piena di novità di Prigogine e collaboratori. Infatti, gli scienziati hanno compreso chiaramente che, anche se il futuro di un sistema dinamico è determinato in modo univoco dal suo presente, non significa che noi siamo effettivamente in grado di determinarlo; anche i sistemi apparentemente molto semplici possono avere soluzioni talmente complicate da apparire del tutto casuali. Il primo a rivelare questo fatto fu il grande matematico Henri Poincarè, tuttavia solo l’avvento dei moderni calcolatori ha consentito di cogliere la rilevanza e le implicazioni di questa scoperta straordinaria.
A prima vista, l’esistenza del Caos deterministico, cioè l’esistenza di sistemi deterministici che sono nello stesso tempo caotici può sembrare un fatto contraddittorio, in realtà questa apparente contraddizione nasce dalle barriere psicologiche dovute a secoli di tradizione che hanno considerato il determinismo ed il Caos come concetti contrapposti. Anche se il concetto di Caos s’intreccia con quello di “caso”, bisogna distinguere tra i due; infatti si parla di Caos deterministico quando esso è generato da leggi semplici, invece siamo di fronte alla pura casualità quando l’unico algoritmo possibile è quello di enumerare tutti i risultati ottenuti senza che sia possibile prevederne i futuri (ad esempio, i risultati del lotto).
La Teoria del Caos si propone di superare il conflitto tra predicibilità deterministica e comportamento imprevedibile, frequentemente osservato in Natura. Nel caso della previsione del moto dei pianeti che descrivono un’orbita ellittica in assenza di perturbazioni, il loro comportamento (teorico) è prevedibile mentre risulta del tutto impossibile prevederne il moto con il crescere delle perturbazioni; sappiamo infatti che ben pochi sistemi possono definirsi regolari e quindi “integrabili” (cioè risolvibili), visto che, come abbiamo già detto, l’ordine della Natura è il Caos.
Ludwig von Bertalanffy, colui che formulò la Teoria generale dei Sistemi, notò che il pensiero evolutivo in Biologia, richiedeva una nuova Scienza della complessità; egli si rese conto che gli organismi viventi sono sistemi aperti che non si possono descrivere per mezzo della Termodinamica classica. Molto stranamente, i cosiddetti “creazionisti” continuano a non aver capito questo aspetto essenziale degli esseri viventi e persistono con il loro cavallo di battaglia che postula l’impossibilità termodinamica dell’evoluzione. Purtroppo è desolante dover constatare come i dogmi e la politica continuino ad attanagliare le menti di molti uomini, rendendoli schiavi delle loro credenze! Ritornando a Bertalanffy, egli chiamò i sistemi viventi: “sistemi aperti” in quanto hanno bisogno di alimentarsi con un flusso continuo di materia ed energia dal loro ambiente per rimanere vivi; i sistemi aperti si mantengono lontani dall’equilibrio termodinamico ed in loro è perfettamente possibile che l’entropia decresca e la seconda legge della Termodinamica possa venire aggirata, non elusa.
Per avere la formulazione della nuova Termodinamica dei sistemi aperti, come sappiamo, si dovette attendere fino agli anni 70 del ventesimo secolo, quando Ilya Prigogine utilizzò una nuova Matematica; questo studioso inoltre ipotizzò che un’altra proprietà dei sistemi aperti fosse l’autoregolazione e questa idea fu perfezionata 30 anni più tardi dallo stesso scienziato con l’introduzione dell’affascinante concetto delle “strutture dissipative.”
Questo concetto fu introdotto per sottolineare la coesistenza apparentemente paradossale nei sistemi viventi, di cambiamento e stabilità; comunque, mi sembra opportuno sottolineare che non tutte le strutture dissipative sono sistemi viventi; ad esempio, un vortice nell’acqua corrente (un mulinello in una vasca da bagno) è un modello di semplice struttura dissipativa. Infatti, l’acqua fluisce continuamente attraverso il vortice eppure la sua ben nota forma caratteristica ad imbuto rimane straordinariamente stabile. Mentre però le forze che si bilanciano nel mulinello sono meccaniche, le forze che agiscono nelle cellule sono chimiche e più precisamente sono cicli autocatalitici nella rete autopoietica della cellula; i sistemi viventi sono in grado quindi di gestire i loro processi vitali in condizioni di non equilibrio cosicché un organismo in equilibrio è in realtà già morto.
Tutta la Fisica, la Chimica e la Biologia disponibile all’uomo prima di queste scoperte erano state quasi sufficienti a spiegare la realtà della morte, non della vita, per la quale è d’obbligo rifarsi ai principi del non equilibrio, alle equazioni non lineari e quindi alla teoria del Caos come una vera e propria teoria dell’ordine, ma di un nuovo tipo di ordine svelato dalla nuova Matematica della complessità. Dato che i sistemi viventi abbracciano una gamma molto vasta di fenomeni che vanno dall’organizzazione cellulare ai sistemi sociali ed agli ecosistemi, Bertalanffy pensò che una teoria generale dei sistemi avrebbe offerto una cornice ideale per unificare varie discipline scientifiche (e non solo scientifiche) che avevano finito per isolarsi e parcellizzarsi; ma fu soltanto dopo la morte di questo studioso, avvenuta nel 1972 che cominciò ad emergere una concezione sistemica della vita, della mente e della coscienza che supera i confini tra le diverse discipline.
Come abbiamo sottolineato più volte, i sistemi viventi sono totalità integrate che non possono essere ricondotte alle proprietà delle loro parti costituenti; infatti, quando un sistema è sezionato, le proprietà sistemiche vengono distrutte; le proprietà sistemiche di un particolare livello sono dette “proprietà emergenti”, dato che emergono a quel determinato livello. Una conseguenza della nuova visione della realtà come rete inseparabile di relazioni, riguarda il concetto tradizionale di obbiettività scientifica; infatti, il nuovo paradigma implica che l’epistemologia (la comprensione del processo di conoscenza) debba essere inclusa nella descrizione dei fenomeni naturali. Come scrisse Heisenberg: “ciò che osserviamo non è la Natura in se, ma la Natura esposta ai nostri metodi d’indagine” e questo non è un cambiamento da poco.
Il pensiero sistemico richiede quindi uno spostamento da una Scienza obbiettiva ad una Scienza epistemica, ad una cornice concettuale in cui l’epistemologia (il metodo d’indagine) diventa parte integrante delle teorie scientifiche. Tutte le relazioni in uno schema a rete, sono relazioni non lineari e come si è già ribadito, la trama della vita è fatta di reti all’interno di reti; al concetto semplicistico di gerarchia, proprio di altre epoche e di altre concezioni che giustificavano una società guidata dall’alto, bisogna quindi sostituire il concetto di cooperazione a guisa di una “democrazia anarchica”. Come il secolo diciottesimo credette in un Universo meccanico che era una sorta di grandioso meccanismo ad orologeria, così la prima metà del secolo ventesimo opinò per un Universo lineare; negli ultimi 30 anni, il cambiamento decisivo è stato quello di riconoscere che la Natura è inesorabilmente non lineare. Mi sembra opportuno ricordare a questo punto, che i matematici fanno una distinzione tra variabili dipendenti ed indipendenti nello studio delle funzioni.
Le equazioni differenziali sono dette lineari quando tutte le variabili dipendenti che vi appaiono sono elevate alla potenza uno, mentre le variabili indipendenti possono avere un esponente maggiore. Le equazioni differenziali sono dette non lineari quando vi appaiono variabili dipendenti con esponenti maggiori di uno. Le equazioni newtoniane del moto sono molto generali, adatte a descrivere sia fenomeni lineari sia quelli non lineari; in effetti, ogni tanto, qualche equazione non lineare veniva formulata, ma poiché era di solito troppo complicata per essere risolta e poiché i fenomeni fisici associati, come le correnti turbolente, avevano una natura apparentemente caotica, in genere gli scienziati evitavano di studiare i sistemi non lineari ed ogni volta che comparivano equazioni non lineari, venivano immediatamente linearizzate, cioè sostituite con approssimazioni lineari o addirittura venivano linearizzate mentre le si formulava, cosichè nei manuali scientifici non comparivano nemmeno le complete descrizioni non lineari e di conseguenza la maggior parte degli studiosi e degli ingegneri finì per credere che praticamente tutti i fenomeni naturali potessero essere descritte da equazioni lineari.
La realtà è invece molto diversa ed oggi sappiamo che i fenomeni non lineari dominano il mondo inorganico più di quanto avessimo immaginato e sono un aspetto essenziale degli schemi a rete dei sistemi viventi. Il comportamento dei sistemi caotici non è puramente casuale ma mostra un livello più profondo di schemi d’ordine di quanto superficialmente si possa immaginare. Vedremo infatti come, un comportamento complesso apparentemente caotico, può dare origine a strutture ordinate ed a schemi delicati e pieni di bellezza; è importante però ricordare che i sistemi caotici sono caratterizzati da un’estrema sensibilità alle condizioni iniziali, come scoprì negli anni 60 del ventesimo secolo il meteorologo Edward Lorenz, a proposito delle previsioni del tempo atmosferico (effetto farfalla). Il punto di vista deterministico, proprio della Scienza newtoniana e del positivismo, implica che si possa tenere tutto sotto controllo cambiando solo le condizioni iniziali, deducendone da ciò che la Scienza produce certezza; al contrario, introducendo l’irreversibilità temporale, s’introduce la probabilità nella Scienza e si arriva alla fine della certezza scientifica ma anche (e questo è fondamentale) alla possibilità della novità e quindi dell’evoluzione. Il modello newtoniano di realtà era quello di un automa,il concetto di Natura della Meccanica Quantistica è quello di una “realtà” associata ai nostri processi di misurazione, ciò significa che l’osservatore dovrebbe essere egli stesso responsabile della realtà (e quindi noi giocheremmo un ruolo centrale nella “creazione” della realtà😉 per i sistemi termodinamici non c’è funzione d’onda né collasso della stessa, per la Cosmologia non possiamo parlare di funzione d’onda dell’Universo ma si può discutere solo di densità e di probabilità. Quindi abbiamo versioni differenti del concetto di Natura alcune delle quali, a determinati livelli contengono le probabilità e quindi le possibilità di novità e le novità sono le condizioni per poter parlare di una storia della Natura in senso darwiniano, in quanto, come abbiamo visto, fu Darwin ad introdurre il fattore tempo non solo nelle Scienze Naturali, ma anche in tutto il pensiero scientifico, facendosi così promotore di un approccio nuovo allo studio della Natura.
Il fatto che il mito della Scienza quale dispensatrice di certezza sia naufragato, non è una gran perdita per la Scienza che invece ne ha ricevuto un gran giovamento con l’evoluzionismo e la dimostrazione della libertà nella Natura con la conseguente reale possibilità dell’esistenza del libero arbitrio per l’uomo. Con la scoperta darwiniana della dimensione storica della Natura, la Scienza è diventata anche narrazione, avventura, scoperta, realtà ben diversa da quella Scienza soffocante che inaridisce tutto quello che tocca con il suo alito di estrema razionalità. A maggior ragione però essa diventa veramente essenziale per il progresso dello spirito umano; infatti, da un lato ritroviamo il mondo dell’arte di sempre che, salvo rare eccezioni che confermano la regola, contempla la desolante realtà di milioni di esseri civilizzati che aprono libri, vanno al cinema o al teatro per sapere come andrà a finire quella storia d’amore intessuta d’interessanti tradimenti, dall’altro lato del panorama culturale invece, appassionati ed ingegnosi ricercatori fanno cantare i numeri di una musica celeste domandandosi se lo spazio non si contrarrà dopo la possibile fine dell’espansione universale.
Da parte mia, se la mia vita potesse ricominciare, avrei proprio la voglia di vivere in prima persona ed in prima linea la storia più appassionante, più romantica, più grandiosa di tutte le storie possibili; mi farei fisico teorico, logico-matematico, malacologo o chissà cos’altro nell’avvincente mondo della Scienza, per vivere nel cuore ardente della vera realtà romanzesca. Il secolo ventunesimo sarà il secolo dell’esplorazione del meccanismo del divenire, previsto da Darwin, il naturalista che, due secoli fa, voleva conoscere la storia del più insignificante dei sassolini presenti davanti l’uscio di casa sua, magari al costo di tralasciare la lettura di qualche appassionante storiella amorosa.
La Cosmologia e l’origine della vita sono associate ad una successione di biforcazioni, sul meccanismo delle quali, ancora poco si conosce. Nel nostro Universo, qualunque cosa si sta evolvendo nella stessa direzione del tempo; le rocce, le stelle, le galassie, gli ammassi, i superammassi e tutto il resto; il nostro Universo sembra proprio essere il risultato di un semigruppo con simmetria temporale rotta. Abbiamo già affermato diverse volte che, sotto certe prospettive, la Natura è un computer, in quanto le sue leggi sono leggi matematiche. Se vi sono 2 programmi possibili per regolare un certo fenomeno, la Natura (per alcuni il Padreterno), come quasi tutti i programmatori, preferisce il programma più corto ed i programmi più corti possibili sono quelli contenenti procedure ricorsive (come quelle che si usano in Matematica per ottenere i frattali); sono queste procedure ricorsive a generare delle simmetrie.
La necessità di avere un programma piccolo ha come conseguenza delle leggi realizzate da iterazioni e queste leggi presentano un andamento caotico. Ecco evidenziato quindi un legame tra ricorsioni, frattali, simmetrie, caos e sistemi complessi; è necessario, a questo punto del discorso analizzare in Natura ed in laboratorio, la genesi di questa complessità per poi poter meglio comprendere la possibile origine della complessità organizzata dei sistemi viventi con la loro autopoiesi e la loro struttura dissipativa. Come sappiamo, i sistemi lontano dall’equilibrio sono descritti da equazioni non lineari; all’inizio del XX secolo, il fisico francese Henri Bénard, scoprì che il riscaldamento di uno strato sottile di liquido può dar luogo a strutture stranamente ordinate. Quando il liquido viene riscaldato uniformemente dal basso, si stabilisce un flusso costante di calore dal basso verso l’alto; il liquido rimane a riposo ed il calore viene trasferito per solo conduzione termica.
Tuttavia, quando la differenza di temperatura fra le superfici superiore ed inferiore raggiunge un dato valore critico, alla conduzione subentra la convezione ed il calore viene trasferito dal moto coerente di grandi quantità di molecole; a questo punto appare uno schema sorprendente di celle esagonali (ad alveare) in cui il liquido più caldo sale attraverso il centro delle celle, mentre quello più freddo scende verso il fondo lungo le loro pareti. Quindi, quando il sistema si allontana gradatamente dall'equilibrio (cioè da uno stato a temperatura uniforme in tutto il liquido), raggiunge un punto critico d’instabilità, in corrispondenza del quale compare lo schema esagonale ordinato.
L’instabilità di Bénard è un esempio spettacolare di autorganizzazione spontanea e queste celle non sono un fenomeno limitato di laboratorio, ma appaiono in Natura in una grande varietà di casi. Per esempio, il flusso di aria calda dalla superficie della Terra verso lo spazio esterno può generare vortici di circolazione che lasciano la loro impronta sulle dune di sabbia del deserto e sulle distese nevose dell’artico. Un altro notevole fenomeno di autorganizzazione studiato da Prigogine è quello degli orologi chimici; se ci sono due tipi di molecole coinvolte in una reazione chimica, uno “rosso” ed uno “blu”, il sistema sarà tutto blu in un certo momento, poi cambierà di colore passando improvvisamente al rosso, poi di nuovo blu e così via ad intervalli regolari. Condizioni sperimentali differenti possono anche produrre onde di attività chimica.
Per cambiare colore in un colpo solo, il sistema chimico deve agire come un tutto, producendo un alto grado di ordine attraverso l’attività coerente di miliardi di molecole. L’analisi dettagliata fatta da Prigogine, dimostrò che mentre le strutture dissipative ricevono la loro energia dall’esterno, le instabilità ed i salti a nuove forme d’organizzazione sono il risultato di fluttuazioni amplificate da anelli di retroazione positivi. La struttura di un sistema vivente è una struttura dissipativa in quanto si tratta di una struttura aperta al flusso di energia e materia, quindi strutturalmente aperta ma organizzativamente chiusa. La materia, come i mulinelli d’acqua che si formano in certe condizioni di flusso nello scarico delle vasche di bagno, fluisce di continuo attraverso il sistema e tuttavia esso mantiene una forma stabile e lo fa in modo autonomo per mezzo dell’autorganizzazione; appunto per questo, per sottolineare cioè la coesistenza apparentemente paradossale di cambiamento e stabilità, Prigogine coniò l'espressione “strutture dissipative”.
La presenza del Caos spesso va di pari passo con la generazione spontanea di forme e strutture estremamente ordinate; un magnifico esempio è costituito dalla famosa macchia rossa sulla superficie di Giove, prodotta dai vortici di gas nell’atmosfera del pianeta; simulazioni al calcolatore suggeriscono che ogni elemento di fluido in prossimità della macchia, si comporta in modo caotico e quindi impredicibile e tuttavia i gas, nel loro complesso, si organizzano in una struttura stabile, coerente, dotata di un’identità discreta e di un certo grado di permanenza. Tutto ciò porta alla conclusione che la Natura può essere contemporaneamente deterministica e casuale.
Per lungo tempo alcuni fisici credettero che si potesse definire l’ordine inerte dei cristalli come il solo ordine fisico predicibile e riproducibile mentre l’evoluzione verso l’aumento dell’entropia costituirebbe la regola ineluttabile di un Universo che procede inesorabilmente verso la morte termica; è lecito quindi porsi la seguente domanda: possono avere ragione contemporaneamente Carnot e Darwin dato che il secondo principio della Termodinamica è una legge sacrosanta e l’evoluzione dell’Universo verso una complessità sempre maggiore dalle origini ad oggi è un fatto innegabile? Lo studio del Caos e della complessità possono aiutarci considerevolmente a trovare delle risposte a questa domanda; come abbiamo visto infatti, i processi di retroazione non lineare sono alla base delle instabilità e dell'apparizione improvvisa di nuove forme d’ordine tipiche dell’autorganizzazione. Da un punto di vista matematico, ad un anello di retroazione corrisponde un particolare tipo di processo non lineare chiamato iterazione, in cui la funzione opera ripetutamente su se stessa. Ad esempio se la funzione è f(x)=3x, l’iterazione consiste in una serie di moltiplicazioni ripetute; infatti: x3x;3x9x;9x27x, eccetera.
Ognuno di questi passaggi costituisce una applicazione. Un’iterazione che si trova molto spesso nei sistemi non lineari e che produce una grande complessità è l’applicazione: xKx(1-x), dove la variabile x assume valori compresi tra 0ed 1. Questa iterazione è nota ai matematici come funzione logistica e gli ecologi la usano per descrivere la crescita di una popolazione sotto l’azione di effetti opposti ed è perciò anche nota come equazione di crescita. Se si riportano i valori numerici risultanti da questa iterazione su 2 segmenti di retta, vedremo che l’applicazione stira il segmento e lo fa ripiegare su se stesso; un’iterazione di questa applicazione darà come risultato operazioni ripetute di allungamento e ripiegatura, simili a quelle di un fornaio che tira e ripiega la pasta da cui otterrà il pane. Perciò l’iterazione è stata chiamata trasformazione del fornaio e rappresenta un prototipo di processi di grande complessità ed imprevedibilità, definiti tecnicamente con il nome di Caos.
Con l’aiuto degli attrattori strani (si può dimostrare che quando un sistema dinamico è caratterizzato da un attrattore con dimensione frattale il sistema è caotico e tale tipo di attrattore è detto attrattore strano) è possibile fare una distinzione tra mera casualità o rumore e Caos; il comportamento caotico, ripetiamo ancora una volta, è deterministico in quanto dotato di uno schema; gli attrattori strani ci permettono di trasformare dati apparentemente casuali in figure visibili e definite. Come vi sono pochi tipi di attrattori (per un sistema dissipativo, la traiettoria copre nello spazio delle fasi un’area sempre più piccola fino a ricoprire e ricadere in una zona detta attrattore), ci sono anche pochi tipi di eventi di biforcazione, i quali rappresentano le “ libere scelte” della Natura, la garanzia della libertà e della possibilità d’innovazione dell’Universo; come gli attrattori, anche le biforcazioni si possono classificare in base alle loro proprietà topologiche. Uno dei primi a farlo fu il matematico francese Renè Thom, che sostituì il termine biforcazione con quello di catastrofe ed identificò 7 catastrofi elementari; oggi però il numero di biforcazioni note ai matematici si è più che triplicato.
Intorno ai punti di biforcazione, il sistema può “scegliere” tra varie possibilità; a questo livello si rilevano palesamente i limiti della Scienza classica deterministica, che non può spiegare il perché un dato sistema si comporti in un modo piuttosto che in un altro e rinasce così, nella mente umana, la speranza in un Universo creativo, che avvalla la fiducia nel libero arbitrio dell’uomo. Vicino all’equilibrio ogni sistema è determinato, lontano dall’equilibrio, in prossimità dei punti di biforcazione, la Natura sceglie le sue soluzioni dimostrando che il reale è meno ricco del possibile. Di fronte ad una biforcazione, si hanno chiaramente diverse possibilità, diverse strade da seguire; se il sistema ora sceglie una strada, ripetendo l’esperimento il sistema può sceglierne un’altra, in quanto la scelta di una strada è associata alla probabilità. In altre parole, il futuro non è fissato e se adesso io sono qui a scrivere questi concetti, ciò non era determinato nell’attimo del Big-Bang, all’origine dell’Universo ma è solo il risultato di una libera scelta, di multiple biforcazioni che reintegrano pienamente in Fisica la freccia del tempo e dimostrano in tutti i suoi limiti le “ristrettezze” concettuali del determinismo di stampo newtoniano. Le 2 grandi teorie del secolo XX, la Relatività e la Fisica Quantistica negano che il tempo abbia una direzione, ma già il problema dei 2 corpi può essere risolto ad un elevato grado d’approssimazione mediante leggi che sono reversibili rispetto al tempo ed il problema dei 3 corpi introduce alcuni aspetti d’irreversibilità.
L’evoluzione biologica e l’evoluzione delle società è una storia del tempo, infatti oltre al tempo meccanico, l’irreversibilità conduce a dei tempi chimici, a dei tempi interni. Con la comparsa della vita, per esempio, è nato un tempo interno che prosegue nei miliardi di anni della sua storia biologica, si trasmette da una generazione all’altra, da una specie all’altra. L’Universo del non equilibrio è un Universo coerente e ciò rappresenta un fatto nuovo, in quanto si associava, nella Scienza classica, l’ordine all’equilibrio (il caso dei cristalli) ed il disordine al non equilibrio (caso della turbolenza).
Le Scienze della Complessità e lo studio del Caos deterministico hanno dimostrato invece che la turbolenza è un fenomeno altamente strutturato, nel quale, come abbiamo visto, miriadi di particelle s’impegnano in un movimento estremamente coerente; il non equilibrio quindi (e questa è una grande scoperta) costituisce il dominio della molteplicità delle soluzioni, mentre un sistema in equilibrio non ha né può avere una storia, in quanto persiste nel suo stato in cui le fluttuazioni sono nulle. Molti sono gli esempi possibili di sistemi non in equilibrio, ma ne vogliamo ricordare solo 2; il clima, con la sua storia di periodi glaciali e caldi e la Biosfera.
Le Scienze della Complessità, con le loro scoperte entusiasmanti, stanno trasformando radicalmente il panorama scientifico tradizionale, ma se c’è un concetto basilare che loro hanno contribuito a cambiare radicalmente questo è senz’altro il concetto di tempo; risulta ovvio, infatti che il tempo della Fisica classica, quello che descrive il movimento dei pianeti e del pendolo ideale, non è di sicuro lo stesso di quello associato al divenire biologico di darwiniana istituzione né quello che scandisce l’evoluzione delle società. Ebbene, la Scienza newtoniana è impossibilitata ad integrare questa idea fondamentale del recupero, della reintegrazione dell’irreversibilità del tempo nella Scienza moderna, dopo un periodo classico, un altro relativistico ed un altro ancora quantistico di reversibilità assoluta, che ci aiutava a comprendere fenomeni spesso lontanissimi dalla nostra esperienza quotidiana ma non riusciva a spiegarci quello che succedeva davanti i nostri occhi e dentro di noi stessi, ai nostri giorni, finalmente con le Scienze della Complessità, il tempo recupera il ruolo fondamentale che gli compete nell’Universo dei fenomeni irreversibili.
Newton, a ragione, è stato considerato nella Scienza il nuovo Mosè; nel suo progetto di epitaffio per Isaac Newton, Alexander Pope scriveva: “Nature and Nature laws lay hid in night: God said, let Newton be! And all was light; come a Mosè furono mostrate le tavole della legge, così a Newton fu data la chiave per intendere il moto dei corpi e la loro attrazione, una chiave matematica che senza dubbio spiega molte cose, ma non la vita ed i suoi fenomeni che si svolgono in una ben precisa direzione temporale, così come neppure la sua evoluzione, per la cui comprensione si è dovuto attendere un altro sommo profeta, che, ironia della sorte, riposa il sonno eterno non distante dalla sua tomba e che concepì il concetto di tempo in modo molto diverso da quello del sommo fisico; tale genio universale, come i lettori avranno intuito fu Charles Darwin.
La genialità di Newton, come evidenzia Ilya Prigogine nella sua opera ”La Nuova Alleanza”, consistette proprio nel non aver spiegato la forza d’attrazione, per cui, seguendo questo esempio, ogni disciplina dovrà da allora in poi darsi come punto di partenza un fatto inspiegato, ma base di ogni spiegazione. Come già evidenziò Jacques Monod, la “vecchia alleanza”, quella che contemplava un mondo-orologio, statico ed armonico, creato già bello e pronto per la nostra giurisdizione è morta e sepolta; Darwin, Prigogine e tutti gli ulteriori sviluppi delle Scienze della Complessità ne hanno provocato la morte e stanno provvedendo al loro seppellimento definitivo.
Il sapere scientifico può, come dice Prigogine, scoprirsi finalmente come “processo aperto di produzione ed invenzione, in un mondo aperto, produttivo ed invettivo”. Conseguentemente deve cambiare il modo stesso di concepire la Natura ed il nostro rapporto con essa deve passare da un atteggiamento di dominazione e sfruttamento miope effettuato secondo interessi particolari ed esclusivi, ad uno nuovo di consapevolezza di far parte di un unico superorganismo planetario (se non universale) che non consente a cuor leggero di sostituire l’ecologia con l’economia e la tecnica selvaggia che sviliscono il sentimento ed obnubilano la ragione. Il progresso delle conoscenze scientifiche, infatti addita all’umanità nuovi modelli di sviluppo economico, politico e sociale basati sulla cooperazione piuttosto che sulla competizione, sulla crescita individuale piuttosto che sulla crescita economica, sull’economia ecologica piuttosto che sull’accumulazione oligarchica del capitale che partorisce immancabilmente come suoi servitori, una classe di politici di professione corrotti, senza scrupoli ed incapaci di risolvere i veri e profondi problemi dell’umanità. La cultura scientifica, che ha dimostrato l’inconsistenza (ed anche l’ingiustizia) del vecchio ordine, frutto di un mondo elittario, classista, retto da mercanti che vendono l’anima al diavolo per i quattrini, adesso propone all’uomo un ordine nuovo, che supera qelle leggi create da interessi privati, da vecchi nazionalismi generati da orizzonti angusti per una visione olistica della realtà, che vede nel cambiamento darwiniano, nella complessità generata dal Caos e nelle idee dell’Ecologia profonda, le radici di un mondo nuovo che speriamo migliore.
Se la “moderna alleanza”, quella della riconciliazione tra l’uomo e la Natura e del riavvicinamento su nuove basi delle “due culture” stenta ad affermarsi, non è certamente per difetti concettuali, ma perché l’irresponsabilità di pochi impedisce che l’umanità, nel suo complesso possa assumersi i rischi dell’avventura umana. Eravamo di fronte ad un mondo dualistico, schizofrenico, con due anime (nella cultura la dicotomia cultura umanistica e scientifica e nella realtà fisica la contrapposizione tra spirito e materia); oggi è possibile superare queste storiche e dolorose scissioni alla luce delle ultime conquiste della Scienza che stanno polverizzando tutte le concezioni frammentarie del passato, ma è necessario che la conoscenza scientifica costituisca l’asse portante dell’intera cultura universale e che le si riconosca la sua dovuta essenzialità nel progetto formativo ed educativo delle giovani generazioni. Le reazioni non lineari il cui effetto ha un’azione di feed-back sulla causa, sono praticamente la regola nei sistemi viventi, mentre, com’è noto, sono più rare nel mondo inorganico.
L’autocatalisi, l’autoinibizione, la mutua catalisi, sono i meccanismi classici di regolazione che garantiscono la coerenza delle reazioni biochimiche metaboliche e quindi l’instabilità chimica lontano dall’equilibrio. Ad esempio, nella glicolisi, la ricerca biochimica ha mostrato l’esistenza di oscillazioni temporali nelle concentrazioni relative al ciclo glicolitico (come sappiamo, in questo ciclo, per ogni molecola di glucosio degradata, 2 molecole di ADP sono fosforilate ad ATP) Le oscillazioni sono determinate da una tappa chiave nella catena di reazioni, la quale è attivata dall’ADP ed inibita dall’ATP. Lo studio matematico di questo processo ha mostrato che questo meccanismo produce un fenomeno di oscillazione, ovvero, sostanzialmente si tratta di un orologio chimico.
Si è inoltre dimostrato sperimentalmente che le reazioni controllate da uno degli enzimi chiave sono effettivamente in condizioni di lontananza dall’equilibrio. Un fenomeno biologico che ha sempre affascinato studenti e docenti di Botanica è l’aggregazione delle amebe acrasiali nel ciclo vitale dei Mixomiceti ed anche questo ciclo è stato studiato dal punto di vista della stabilità; infatti, l’aggregazione della fase amebiforme di Dictyostelium discoideum rappresenta un caso interessante, alla frontiera tra organizzazione unicellulare e quella pluricellulare. Quando l’ambiente in cui vivono e si moltiplicano le forme ameboidi diventa povero di nutrimento, queste subiscono uno spettacolare cambiamento di fase; le cellule isolate si fondono in uno pseudoplasmodio, il quale, a sua volta, si differenzia formando un peduncolo che sostiene una massa tondeggiante di spore che si spargono e germineranno non appena entreranno in contatto con un ambiente soddisfacente, producendo di nuovo le forme unicellulari ameboidi a vita libera.
Lo studio del processo di aggregazione mostra che nella prima fase di questo processo si formano nella popolazione di amebe onde di spostamento che causa la convergenza delle cellule verso un centro di aggregazione che sembra apparire spontaneamente. Si è dimostrato che questa migrazione costituisce una risposta delle cellule all’esistenza nell’ambiente di un gradiente di concentrazione costituito da AMP ciclico, prodotto periodicamente dal centro d’attrazione e poi da altre cellule tramite un meccanismo a “relais”. Quest’ordine, generatosi per fluttuazione che via via si amplifica, organizza così l’ambiente; inoltre il fatto che sia una certa ameba o un’altra a cominciare per prima a propagare l’AMP ciclico, dipende dal casuale comportamento delle fluttuazioni. Ancora una volta risalta in questi esempi, l’importanza essenziale delle condizioni di lontananza dall’equilibrio, in cui la materia acquista un nuovi comportamenti e capacità di comunicazione e percezione; mentre all’equilibrio si ha soltanto una struttura, allontanandosi da esso invece le fluttuazioni permettono di realizzare differenti strutture. Ma soffermiamoci un poco sul concetto di struttura; in pratica, tutti gli oggetti che percepiamo in Natura sono strutturati, anche quelli che denominiamo amorfi e quelli che non riusciamo a percepire servendoci soltanto dei nostri sensi.
Le 2 concezioni estreme della Natura, cioè quella degli atomisti che sottolineavano la formazione dei corpi per collisioni casuali degli atomi e quella dei meccanicisti che si basavano su leggi eterne e fuori del tempo, si sono dimostrate non adeguate a spiegare le strutture che esistono nella Natura. Infatti, come spiegarle soltanto con le collisioni casuali degli atomi? D’altra parte, le leggi senza tempo della dinamica ridurrebbero il mondo ad una tautologia, ovvero alla ripetizione monotona della stessa identica cosa; tuttavia una soluzione esiste ed è, come cerchiamo di dimostrare, nei processi di autorganizzazione, nel Caos deterministico, nella distanza dall’equilibrio e quindi complessivamente nella nuova Matematica della Complessità che utilizza una nuova Geometria, la Geometria frattale, un linguaggio rigoroso creato per parlare di cose concrete, di nuvole, di montagne, di coste, di Universi.
Con questo bagaglio culturale possiamo iniziare a cimentarci con lo studio delle strutture naturali, dai fiocchi di neve alle piante, dalla fine anatomia dei bronchi alla forma delle galassie che popolano il Cosmo. Degli strani enti matematici, studiati da Benoit B. Mandelbrot, un matematico polacco che aveva studiato a Parigi, si sono rivelati uno strumento molto adatto a visualizzare i fenomeni delle nuove Scienze della Complessità; si tratta di linee e superfici geometriche inquietanti, dalla forma involuta e contorta che al naturalista ricorda le linee suturali delle ammoniti, la forma dei Nautilus o i disegni alari di strane e meravigliose farfalle tropicali.
Queste forme hanno però la particolarità di derivare da semplici operazioni geometriche, aritmetiche o algebriche iterate. Fino agli anni 70 del ventesimo secolo a nessuno era venuto ancora in mente di utilizzare come strumento di ricerca i monitor televisivi; non appena però all’Università di Harvard nel 1979/80 venne applicato ad un computer Vax un tubo catodico Tektronic, Mandelbrot pensò di visualizzare sullo schermo il risultato delle iterazioni della semplicissima equazione: zz2 +c, la stessa equazione che nell’ottocento era stata studiata dal matematico Julia; così, nel marzo del 1980 Mandelbrot visualizzava per la prima volta, su uno schermo in bianco e nero, quell’insieme a forma di cuore che poi fu chiamato insieme di Mandelbrot, destinato a diventare l’oggetto frattale più conosciuto.
I frattali sono enti geometrici di dimensione non intera ed autosomiglianti (cioè una piccola parte dell’insieme ripete la forma e la struttura generale dell’oggetto); la loro importanza nelle Scienze Naturali consiste nel fatto che sono modelli molto più fedeli della reatà rispetto ai vecchi enti della Geometria euclidea. Essi modellizzano fenomeni e situazioni diversissime: la posizione delle galassie nell’Universo, il corso delle azioni in borsa, la distribuzione degli errori di comunicazione lungo una linea telefonica, insomma fenomeni analoghi a quelli studiati dagli scienziati che indagano sul Caos e la Complessità. Per questo motivo i frattali diventarono lo strumento più utile per penetrare a fondo nei segreti della Complessità, ma contemporaneamente generarono immagini affascinanti in cui si poteva vedere, ad ogni ingrandimento, un mondo frastagliato ed involuto sempre più minuscolo e complesso. Essi sono utilizzati sempre più frequentemente da artisti e scienziati e con sempre maggiore frequenza si ricorre a loro per sottolineare l’ingresso dell’umanità nella nuova era che di nuovo, come ai tempi di Galileo, vede la Scienza protagonista di una grande rivoluzione concettuale.
Quando si chiedeva a Mandelbrot di spiegare semplicemente il concetto chiave di oggetto frattale, egli staccava un pezzo di cavolfiore ed invitava ad osservare come esso fosse del tutto simile ad un cavolfiore più piccolo; poi, da quel pezzo staccava un pezzetto ancora più piccolo, ripetendo su di esso la medesima osservazione. Ingrandendo quindi progressivamente una forma frattale, si evidenziano una serie di strutture che si ramificano ulteriormente ad ogni successivo ingrandimento, svelando nuovi dettagli e ciò vale per infiniti ulteriori ingrandimenti. Le caratteristiche della Geometria frattale hanno consentito di analizzare e spiegare fenomeni come le turbolenze; inoltre i frattali appaiono strettamente collegati agli attrattori strani riscontrabili nei sistemi dinamici, in corrispondenza dei quali il livello caotico va aumentando in presenza di perturbazioni esterne ed effetti dissipativi.
La Geometria della Natura è caotica e mal s’identifica nell’ordine perfetto delle forme abituali di Euclide o del calcolo differenziale; la realtà si rivela infatti così irregolare, che i modelli della Geometria euclidea, della Fisica classica e globalmente parlando, della Matematica lineare, non possono nemmeno servire come prima approssimazione; i matematici infatti hanno capito perfettamente quanto, ad esempio, sia riduttivo, pretendere di dimostrare, tracciando una curva, che ogni funzione continua ammette una derivata. Se è vero che le funzioni derivabili sono le più semplici da trattare, è pur vero che esse sono l’eccezione, non la regola, che è costituita invece da curve che non ammettono tangente; il mondo della realtà sperimentale è dunque il regno delle funzioni senza derivate, non certamente quello delle curve dotate di tangente. La Geometria dei frattali ed i relazionati lavori di Mandelbrot (al quale si deve l’introduzione del termine “frattale”, dal latino fractus = spezzato), c’invita a vedere dietro il Caos della Natura, una regolarità che è stata inaccessibile agli studiosi di tradizione platonico-pitagorica e facendo ciò conferisce alla Matematica il ruolo di strumento decisivo per ogni indagine sul mondo.
Tutto ciò che ha a che fare con la turbolenza ha relazioni con i frattali: acqua che sgorga a fiotti, aria che si muove lungo l’ala di un aereo, le condizioni meteorologiche, il sangue che fluisce al cuore…. La Teoria del Caos, nata negli anni 60 del ventesimo secolo a partire dai tentativi per creare modelli meteorologici computerizzati, contribuisce a rendere più comprensibili questi fenomeni che non sono interpretabili con le equazioni lineari della Fisica classica. L’insieme di Mandelbrot è una forma geometrica frattale strettamente legata alla teoria del Caos e come abbiamo accennato, costituisce uno splendido esempio di come una operazione ricorsiva molto semplice possa produrre un oggetto di favolosa varietà e complessità. La variabile z e la costante c della formula più sopra riportata (zz2+c) sono rappresentate da numeri complessi; ciò significa semplicemente che il numero complesso z è sostituito da z2+c, poi si prende quest’ultimo come z e si ripete la stessa sostituzione e così via. Man mano che si applica la regola si possono rappresentare i numeri complessi così generati come punti su un foglio di carta o sullo schermo di un computer e l’insieme di tutti questi punti forma l’insieme di Mandelbrot, che è stato denominato” l’oggetto più complesso della Matematica”. Se ingrandiamo ogni sua parte e la reingrandiamo senza limiti, tutti i livelli successivi di risoluzione rivelano ricchezze e bellezze nuove. Se visualizziamo nell’Universo la concezione frattale del reale, possiamo immaginarci il sole, i pianeti, le stelle, le galassie come parti di un essere spaventosamente grande; allo stesso modo ogni elettrone del nostro corpo potrebbe essere un mondo a se, con altri microesseri ed altre realtà.
Ogni porzione di materia può essere concepita come un giardino pieno di piante; ma ogni ramo di ogni pianta è ancora un giardino simile, per cui, ne concludiamo che nell’Universo frattale ci sono mondi infiniti all’interno di mondi infiniti. Anzi, come abbiamo già visto trattando di Cosmologia, secondo le versioni più recenti della teoria inflazionaria, l’Universo sarebbe un immenso frattale che cresce continuamente, costituito da molte sfere che si rigonfiano, le quali producono nuove sfere, che a loro volta ne generano altre, all’infinito. Mandelbrot, nel suo libro” Gli oggetti frattali” propone, concettualmente, di misurare la costa della Bretagna secondo l’ottica della Geometria frattale; orbene, se facessimo questa esperienza, arriveremmo a concludere semplicemente che la costa della Bretagna ha lunghezza infinita (o quantomeno tendente all’infinito).
Il corpo umano è assimilabile ad un frattale (vedi i neuroni, l’intestino tenue, l’endometrio, l’albero bronchiale, per citare solo alcune strutture che più si prestano alla similitudine); l’albero filogenetico che visualizza l’evoluzione nel tempo delle specie viventi, è un frattale e, in ecomomia, un’azienda ha organizzazione frattale. I frattali, come abbiamo già detto, sono stati e continuano ad essere utilizzati nelle arti figurative, tanto che, l’insieme di Mandelbrot o qualche sua parte, a causa della loro straordinaria bellezza, sono stati usati per scopi artistici; così, grazie al concetto di Caos, si può gettare un ponte tra l’arte e la Scienza. Analizzando frattalmente un oggetto naturale qualsiasi, come un fiocco di neve, vediamo strato su strato impilati dei tetraedri che via via che procedono gli ingrandimenti sembrano schiudersi come un fiore rivelando una bellezza stupenda e mostruosa come la mente di Dio.
Possiamo interpretare anche l’insieme di Mandelbrot come la rappresentazione orografica di un atollo, in cui i colori sono proporzionali al livello delle terre emerse e alla profondità dei fondali; in questo modo, accanto a zone regolari, notiamo che la zona di confine presenta un alto grado d’irregolarità. Isolando un tratto di costa e poi eseguendo una successione di ingrandimenti, a guisa di zoommate successive, sarà possibile osservare la ripetizione di due forme: la cardioide e l’insenatura. Questo fenomeno è detto autosomoglianza di scala ed è reso immediatamente comprensibile con l’esempio dei successivi ingrandimenti della fotografia di una costa; è importante però notare che è impossibile capire, dalla sola forma, a che livello di ingrandimento la foto è scattata.
L’autosomiglianza di scala è un fenomeno molto diffuso in Natura, ma, senza l’aiuto della Matematica, forse avrebbe continuato a sfuggire all’osservazione scientifica e filosofica e questo sarebbe stato un vero peccato, in quanto si tratta di un concetto ricco d’interpretazioni, che induce ad ipotesi molto suggestive, prima tra tutte quella che, sotto l’apparente diversità delle forme dell’Universo, si cela la ripetizione di un numero finito di motivi elementari, che costituiscono il linguaggio della Natura. Come il concetto di temperatura non ha senso a livello di un singolo atomo e quello di sapore, ad esempio dello zucchero, non è presente negli atomi di carbonio, idrogeno ed ossigeno che ne compongono la molecola, così l’intelligenza umana non è la semplice risultante delle leggi dell’elettrodinamica o della struttura del sistema nervoso; sappiamo infatti che, ad ogni livello di complessità, i fenomeni studiati mostrano proprietà che non esistono a livello inferiore.
Quando furono elaborati i primi computer, alcuni studiosi compararono l’intelligenza umana a quella dei calcolatori elettronici e sembrò di essere vicini alla comprensione dell’origine dell’intelligenza. Sembra invece che l’intelligenza umana sia completamente differente da quella cosiddetta artificiale, in quanto il sistema nervoso umano non elabora alcuna informazione (nel senso di elementi distinti che esistono preconfezionati nel mondo esterno), ma interagisce con l’ambiente modificando di continuo la propria struttura e questo è fuori dalla portata di qualsiasi macchina. Maturana e Varela, 2 scienziati cileni che hanno rivoluzionato le Scienze Cognitive, descrivono lo schema della vita come rete autopoietica, ovvero come un insieme di relazioni tra processi di produzione di componenti e non un insieme di componenti statici (come ad esempio quelli che determinano l’organizzazione di un cristallo).
La loro Teoria, che è conosciuta come Teoria di Santiago afferma che non è necessario che vi sia un cervello affinché esista una mente, infatti un batterio o un vegetale non hanno un cervello né un sistema nervoso ma possederebbero una mente (io direi che più di una mente si tratta di un sistema di relazione che permette all’organismo di relazionarsi efficacemente con il proprio ambiente). Questa teoria identifica la cognizione (processo della conoscenza) con il processo della vita; mente e materia non appartengono a due categorie distinte ma rappresentano aspetti diversi o dimensioni diverse dello stesso fenomeno della vita. Nel caso dell’uomo e degli animali provvisti di sistema nervoso centrale e periferico, la relazione tra mente e cervello è una relazione tra processo e struttura. Ma il cervello non è la sola struttura attraverso cui agisce il processo della cognizione; infatti l’intera struttura dissipativa dell’organismo partecipa al processo della cognizione. Nell’organismo animale, ad esempio, i sistemi nervoso, immunitario ed endocrino, considerati tradizionalmente come distinti, formano di fatto un’unica rete cognitiva.
Una rete autopoietica, secondo Gail Fleischaker, deve avere 3 proprietà: A) Autoconfinamento; B)Autogenerazione; C) Autoperpetuazione; il genoma, che possiede queste caratteristiche, ad esempio, sarebbe sostanzialmente una rete binaria ai confini del Caos, autorganizzantesi ed in grado di produrre spontaneamente nuove forme d'ordine. La Teoria di Santiago della cognizione è nata dallo studio delle reti neurali e si ricollega al concetto chiave di autopoiesi; poiché la cognizione è definita come il processo della conoscenza, dobbiamo essere in grado di descriverlo nei termini dell’interazione di un organismo con il suo ambiente (accoppiamento strutturale).
Il sistema vivente è autonomo e l’ambiente si limita ad innescare modifiche strutturali; il sistema vivente specifica anche quali perturbazioni ambientali innescano tali cambiamenti e questi ultimi costituiscono perciò gli atti cognitivi. La cognizione non è però una rappresentazione di un mondo che esiste indipendentemente, ma è piuttosto una continua generazione di un mondo tramite il processo della vita. Non si tratta quindi della rappresentazione del mondo ma di un mondo; a questo punto, vediamo chiaramente la convergenza di Scienze apparentemente molto distanti tra loro, quali la Fisica Quantistica, le Scienze della Complessità e le Scienze Biologiche e Cognitive, verso dei risultati che, almeno parzialmente indicano un dominio comune; le Scienze della certezza e del determinismo hanno compiuto un salto di qualità, diventando anche Scienze epistemologiche ed ontologiche.. Maturana e Varela sottolineano giustamente che vivere è conoscere, in quanto la cognizione coinvolge l’intero processo della vita, comprendendo le percezioni, le emozioni ed i comportamenti.
L’organismo non reagisce agli stimoli ambientali per mezzo di una catena lineare di causa ed effetto, ma risponde con cambiamenti strutturali nella sua rete autopoietica non lineare, chiusa dal punto di vista organizzativo; in altri termini, l’interazione cognitiva dell’organismo con il suo ambiente è intelligente ed ad un certo livello di complessità un organismo non genera soltanto un mondo esterno, ma anche quello interiore.
Dato che i singoli organismi all’interno di una specie possiedono più o meno la stessa struttura, essi generano mondi simili; Maturana e Varela non negano l’esistenza di un mondo materiale esterno, ma affermano che questo non avrebbe alcuna caratteristica predeterminata.
Io penso, invece, che il mondo esterno ha le sue caratteristiche, almeno a livello del macrocosmo, ma queste non possono mai essere rilevate quali realmente sono, ma soltanto come appaiono a noi. La Scienza consiste in una costruzione progressiva di modelli sempre più perfetti del mondo esterno, per cui non dobbiamo mai dimenticare che si tratta di modelli; la realtà, quella ”assoluta” è un’altra cosa, di questa possono parlare soltanto teologi, filosofi e mascalzoni, gli scienziati invece devono accontentarsi di discutere dei modelli.
La Teoria di Santiago non afferma che nulla esiste, non è una teoria nichilista, ma afferma invece che non esiste neanche una cosa che sia indipendente dal processo della cognizione. A questo punto, il lettore attento avrà certamente percepito che il progresso delle conoscenze scientifiche (e non l’astratto pensiero filosofico) sta conducendo (o ha già condotto, a seconda dei punti di vista di ognuno) l’umanità al superamento definitivo del dualismo cartesiano spirito-materia, l’intera concezione riduzionista, meccanicista e determinista del mondo non ha retto e non ha potuto spiegare la complessità che esiste in Natura senza prima semplificarla ed idealizzarla per ridurla forzosamente ed innaturalmente alla semplicità.
La Scienza classica è riuscita ad inviare l’uomo sulla Luna ma si è arenata, ad esempio, nello studio dello sviluppo embrionale e nell’interpretazione dell’ontogenesi; ancora ai nostri giorni, infatti, non suona fuor di luogo questa famosa frase di Diderot:” Vedi quest’uovo? Grazie a lui si possono rovesciare tutte le scuole di teologia e tutti i templi della Terra”.
Già due secoli e mezzo fa, Diderot aveva (questa frase lo dimostra eloquentemente) intuito l’insufficienza della spiegazione meccanicistica per la corretta interpretazione dei fenomeni complessi come lo sviluppo embrionale e la vita, con tutta la sua vasta gamma di livelli. Ma l’insufficienza della spiegazione meccanicistica non significa abbandono dell’attitudine razionale della Scienza e ripiego verso l’idealismo di metafisica ispirazione; non dobbiamo mai dimenticare, infatti, che anche i filosofi più idealisti sono in effetti realisti nella vita di tutti i giorni. Evidentemente, nell’attraversare la strada, evitiamo di andare a finire sotto le auto che sfrecciano sull’asfalto e non le consideriamo come frutto della nostra immaginazione!
Attitudine razionale non vuol dire ripiego sul senso comune, infatti, come abbiamo già sottolineato, la concezione scientifica del mondo è spesso molto diversa dal senso comune: un tavolo, ad esempi, secondo il senso comune dell’uomo privo di conoscenze scientifiche, è solido, mentre la Fisica ci insegna che, in realtà è per lo più costituito da spazi vuoti.
A questo punto, ritengo sia interessante per il lettore riflettere su questa frase di Eulero, che due secoli fa metteva in guardia gli studiosi sul pericolo che rappresentano le posizioni idealiste per il progresso delle Scienze: “Quando il mio cervello suscita nella mia anima la sensazione di un albero o di una casa, io affermo audacemente che realmente esiste fuori da me un albero o una casa, la cui grandezza, posizione ed altre proprietà mi sono conosciute.
Così, analogamente, non è possibile trovare uomo o bestia che possa dubitare di questa verità. Se un contadino volesse dubitare di ciò, se egli dicesse, per esempio, che non crede nell’esistenza del suo datore di lavoro, pur essendo faccia a faccia con lui, con ragione lo si prenderebbe per pazzo. Però quando un filosofo esprime tali credenze, egli desidera che si ammirino il suo spirito ed i suoi lumi, che di tanto oltrepassano quelli della gente comune”.
Un “fatto” è qualsiasi cosa che succede nella Natura; anche se, come abbiamo detto, ci è impossibile potere intendere quello che un fatto è, indipendentemente dai nostri metodi d’indagine, è possibile capire come ed a volte anche perché esso si riveli a noi, invece di semplicemente e riduttivamente negare la sua esistenza, come fanno i filosofi idealisti. La Scienza del ventunesimo secolo, che ha o sta superando il determinismo ed il riduzionismo, afferma con forza che noi umani costituiamo essenzialmente una maglia della rete cosmica di relazioni per cui dobbiamo sostituire il nostro atteggiamento di dominazione sulla Natura con quello più consono, appropriato e razionale di comprensione e assecondamento dei grandi cicli cosmici nei quali siamo immersi. L’universo non è quella macchina mostruosa e stupida che, una volta costituitasi, continua sempre uguale a se stessa fino alla degradazione finale, ma è capace d’innovazioni, di scoperte, si evolve costantemente e nell’arco dei miliardi di anni della sua esistenza, ha partorito la mente e la coscienza, che sono in grado di disquisire perfino sulla sua stessa origine.
Il Cosmo è permeato dal Caos deterministico, il quale attraverso il meccanismo delle biforcazioni, garantisce quelle libertà di scelte che stanno alla base del libero arbitrio umano; ciò, anche se costituisce una limitazione delle nostre possibilità intellettuali, è una garanzia della nostra sanità mentale, per ovvi motivi. Oggi noi sappiamo di vivere in una Biosfera che è una struttura complessa, coordinata che si autoregola, come se fosse un unico, enorme essere vivente costituito da minerali, rocce ed esseri viventi. Nella sua forma più compiuta il paradigma sotto il nome di “Teoria di Gaia”, è stato formalizzato nel 1979 da un chimico, James Lovelock, le cui concezioni si rifanno per molti versi alla Panbiogeografia di Leon Croizat ed alla Geobiologia di Theilard de Chardin.
L’intero pianeta infatti possiede capacità di omeostasi e si regola da solo; tutti i cicli che coinvolgono la materia e l’energia di tutto intero il sistema “Terra”, sembrano autoregolarsi in modo da permettere e mantenere la sopravvivenza ottimale della Biosfera e l’intera quantità della materia vivente sulla Terra, dai cetacei ai virus, dalle querce alle alghe dovrebbe essere considerata in realtà come una singola entità vivente, un superorganismo costituito da tutte le strutture organiche ed inorganiche del pianeta. Gaia (dal nome della dea greca della Terra) può essere definita quindi come un’entità complessa che include la Biosfera, l’atmosfera, l’idrosfera e la litosfera (con il suolo); la totalità di questi sistemi formano un complesso cibernetico che assicura condizioni fisico-chimiche ottimali per le attività biologiche.
Così come una conchiglia è parte di un mollusco, nello stesso modo le rocce, l’aria, gli oceani e tutto il resto sono parti di Gaia, la quale ha una storia alle spalle, indietro nel tempo fino alle origini della vita ed ancora prima e si estende nel futuro fin quando persisterà la vita su questo pianeta.
L’ipotesi di Gaia dice che la temperatura, lo stato di ossidazione, il livello di acidità ed altri aspetti delle rocce e delle acque, sono in ogni tempo tenuti costanti e questa attività omeostatica, simile a quella che si riscontra in ogni organismo vivente, è mantenuta da un meccanismo attivo di feedback operato automaticamente ed incosciamente dagli esseri viventi.
Il dottor Lovelock suggerisce infatti che Gaia è al lavoro per mantenere costante il contenuto dell’ossigeno atmosferico indispensabile alla vita; nei pianeti più vicini alla Terra, privi attualmente di una Biosfera, Venere mostra un’atmosfera con lo 0,00% di ossigeno e Marte ne evidenzia soltanto lo 0,13%. La gamma di oscillazione della temperatura media della Terra, per più di 3 miliardi di anni è rimasta tra 10 e 20 gradi centigradi; durante questo immenso periodo di tempo la produzione di calore da parte del sole è aumentata del 30-40%, ma a causa di questi meccanismi di retroazione a cui abbiamo accennato, la temperatura media del pianeta si è mantenuta propizia per favorire le attività vitali.
La degradazione meteorica produce i sali che vanno a finire poi negli oceani e l’evidenza geologica indica che la salinità media per milioni di anni è rimasta costante al 10%; altrettanto ben calibrati sono tutti gli altri cicli, da quello dell’anidride carbonica che coinvolge la Biosfera, l’idrosfera, l’atmosfera e la litosfera e, come abbiamo già precedentemente visto ha anche grande importanza per la regolazione della temperatura media del pianeta, a quello del dimetilsulfide, prodotto dal fitoplancton e rilasciato nell’atmosfera, dove è trasformato in gocce di acido solforico che forma i nuclei per la condensazione delle nubi.
Questi nuclei aiutano a produrre nubi spesse che proteggono dal calore solare e raffreddano gli oceani. Estrapolando un poco, non sarebbe errato affermare, se ci lasciassimo prendere la mano dalla teleologia, che l’atmosfera è tenuta in omeostasi non tanto dalla Biosfera quanto per la Biosfera; l’interpretazione evoluzionistica di Theilard de Chardin, aveva, anticipando i tempi, previsto i seguenti stadi dell’intero sistema terrestre: geosfera, Biosfera e Noosfera, culminante nel Punto Omega (poi, come sappiamo, preso in prestito dal fisico Frank Tipler nella sua opera: La Fisica dell’immortalità😉
L’interpretazione metafisica di De Chardin rimane un tentativo di spiegazione olistica, anche se contaminata da una fede religiosa, ma l’ipotesi di Gaia, a mio parere è degna della più grande attenzione in quanto addita al genere umano, figlio di Gaia, una via nuova e veramente rivoluzionaria di sviluppo ecosostenibile, l’unico praticabile per la salvezza dell’umanità.
Come abbiamo visto, il paradigma darwiniano utilizza la teoria della selezione naturale per spiegare la diversità della vita e come è risaputo, selezione naturale vuol dire competizione per le risorse e lotta per la vita; il paradigma di Gaia usa invece il concetto di cooperazione per spiegare il mantenimento dell’omeostasi negli ecosistemi indispensabile per il mantenimento della Biosfera nel suo complesso.
I 2 paradigmi, a mio parere, non sono contraddittori; infatti abbiamo più volte ripetuto che ad ogni livello emergono proprietà nuove che non si riscontrano al livello immediatamente inferiore e questo è appunto quanto avviene ai singoli individui e alle specie che lottano per la sopravvivenza (aspetto competitivo), mentre per quanto riguarda gli ecosistemi l’armonizzarsi delle cooperazioni (meccanismo che emerge automaticamente dal Caos della lotta per la sopravvivenza) è il requisito evidentemente essenziale per il mantenimento della vita sulla Terra. Non bisogna allora considerare le 2 concezioni (quella darwinista e quella di Gaia) come antitetiche, in quanto esse sono complementari, ovviamente valide ognuna al suo livello di realtà: la Natura dagli artigli rossi di sangue degli individui e delle specie che competono ferocemente tra loro è una condizione necessaria per spiegare il comportamento cooperativo della Biosfera a livello planetario.
Gaia si serve della morte per permettere e poter generare la vita; ogni singola parte di questo gigantesco e meraviglioso superorganismo ha una vita effimera, ma Gaia può essere eterna, sempre che i suoi figli” razionali” lo vogliano! Fu lavorando alla NASA che Lovelock concepì quella che è ora conosciuta come ipotesi ”Gaia”, che amplia gli orizzonti dell’Ecologia teorica, in quanto considerare un unico sistema le specie ed il loro ambiente fisico, permette di costruire modelli matematicamente stabili nei quali la diversità biologica può essere meglio capita e regolata.
A noi naturalisti, la diversità biologica ci affascina tanto che ogni sforzo intellettuale ed ogni fatica fisica sono superati agevolmente se hanno come scopo la comprensione di questo fenomeno; Darwin ci ha insegnato che la vita su questo pianeta ha una storia, per cui ritengo che la conoscenza, seppure su grandi linee di questa storia sia imprescindibile per cercare di capire questo grande tesoro di Biodiversità che, come abbiamo visto, è la parte più nobile di Gaia.
Parleremo quindi, nel prossimo capitolo di fossili e cercheremo di capire perché, fino all’ultimo, il grande Darwin fu assillato dalla lacunosa documentazione paleontologica, croce e delizia dei biofili e Naturalisti di ogni epoca. Il Caos ha lasciato delle impronte sulle rocce; Gaia ha una storia affascinante da raccontarci. Ascoltiamola.

Prof DAVIDE CASTELLI.


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