TIROIDE: GIORNATA E SETTIMANA MONDIALE. SCREENING E INCONTRI IN TUTTA ITALIA

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TIROIDE: GIORNATA E SETTIMANA MONDIALE. SCREENING E INCONTRI IN TUTTA ITALIA


Milano – Sono state presentate a Palazzo Bovara di Milano la "Giornata Mondiale della Tiroide" (25 maggio 2017) e la "Settimana Mondiale della Tiroide (21-27 maggio 2017), il cui tema generale quest'anno è "Tiroide e Benessere". In tutta Italia vengono organizzate diverse iniziative di screening e incontri informativi sulle patologie tiroidee. 

La tiroide svolge una serie di funzioni vitali per il nostro organismo come la regolazione del metabolismo, il controllo del ritmo cardiaco, lo sviluppo del sistema nervoso, l’accrescimento corporeo, la forza muscolare e molto altro. Proprio per il ruolo di “centralina”, quando questa ghiandola non funziona correttamente, tutto il corpo ne risente. Può colpire ad ogni età e per questo motivo occorre non trascurare alcuni campanelli di allarme rivolgendosi al proprio medico in caso di dubbio.

Le persone che hanno problemi alla tiroide, per spiegare la propria condizione, parlano di “uno stato di malessere” o di aver “perso il loro benessere” e “questa è proprio la peculiarità dell’ipotiroidismo, la malattia più frequente della tiroide, spiega Paolo Vitti, Presidente Eletto SIE, Società Italiana di Endocrinologia, coordinatore e responsabile scientifico della Settimana Mondiale della Tiroide: i sintomi sono spesso così sfumati che difficilmente si riesce a ricondurli ad una patologia. E sono davvero tanti: stanchezza, scarsa capacità di tollerare il freddo, alterazioni del tono dell’umore, difficoltà di concentrazione, palpitazioni, nervosismo, insonnia, gonfiore, pelle e capelli secchi ma l’elenco potrebbe continuare. Proprio per questo è appropriato il tema scelto per la Giornata e la Settimana Mondiale della Tiroide 2017: che si tratti di malattie che devono essere propriamente inquadrate e che i trattamenti debbano essere personalizzati ormai non basta più. La sfida è ridare quel benessere che tante persone dichiarano di avere perso”.

“Il modo più efficace per prevenire le malattie della tiroide, spiega Massimo Tonacchera, Professore Associato di Endocrinologia e Coordinatore Nazionale Comitato della Prevenzione della Carenza Iodica, è assumere iodio in quantità adeguate; questo elemento è il costituente essenziale degli ormoni tiroidei. La carenza di iodio anche lieve, che affligge ancora alcune aree del nostro paese, può provocare conseguenze anche gravi soprattutto se la carenza nutrizionale si verifica durante la gravidanza o la prima infanzia”.
“Una grave iodocarenza, continua Roberto Gastaldi, SIEDP, Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica, può determinare la morte del feto in utero, cretinismo neurologico e ipotiroidismo congenito. Proprio quest’ultima patologia rappresentava la prima causa di ritardo mentale nel nostro Paese prima dell’introduzione dello screening neonatale grazie al quale è possibile eseguire diagnosi e trattamento precoci. Dopo l’età neonatale è comunque importante assicurare una adeguata quantità di iodio sia per garantire un regolare processo di crescita e di sviluppo del bambino che per prevenire patologie della tiroide come ad esempio i noduli”.

“A 12 anni dall’approvazione della legge 55/2005, che ha introdotto il programma nazionale di iodoprofilassi, lo stato nutrizionale iodico degli italiani è sicuramente migliorato. I dati dimostrano che la percentuale di sale iodato venduto nella grande distribuzione nel 2016 ha superato il 60% ed è molto positivo dato che prima dell’approvazione della legge era solo al 30%, spiega Antonella Olivieri, Responsabile Scientifico Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodoprofilassi in Italia (OSNAMI), Istituto Superiore di Sanità. Questo dato, seppur incoraggiante, è comunque al di sotto della soglia del 80-85% indicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per un programma di iodoprofilassi di successo. Anche i dati di ioduria in età scolare, ovvero la concentrazione di iodio nelle urine, raccolti in collaborazione con gli Osservatori Regionali per la Prevenzione del Gozzo sono coerenti con questo miglioramento. Le indagini condotte su 2500 bambini tra il 2015 e il 2016 in Liguria, Toscana, Marche, Lazio e Sicilia, hanno mostrato valori di ioduria indicativi di un adeguato apporto di questo elemento in tutte e 5 le Regioni. Ma il risultato più importante è l’aver accertato che in Liguria, Toscana, Lazio e Sicilia, per la prima volta si può dire che il gozzo in età scolare non è più una patologia endemica ed è quindi stato praticamente sconfitto. Questi dati ci dicono che dobbiamo insistere con il programma di iodoprofilassi per estendere l’adeguato apporto di iodio a tutte le Regioni italiane riducendo così il rischio di patologie tiroidee e di deficit neurocognitivi”.

“Tra le molteplici funzioni degli ormoni tiroidei a livello cerebrale rientra il controllo del tono dell’umore, continua Rinaldo Guglielmi, Past-President AME, Associazione Medici Endocrinologi. Quando la tiroide non funziona correttamente in molti pazienti è presente un’alterazione del comportamento e del tono dell’umore; tanto maggiore è la disfunzione della ghiandola e tanto più visibile sarà la sua influenza, fino ad arrivare in alcune forme severe, a quadri clinici tipici della depressione. Se avete cambiamenti frequenti dell’umore e non ci sono cause psichiche evidenti, può essere d’aiuto controllare la funzione tiroidea mediante il semplice dosaggio del TSH. Quando i disturbi dell’umore sono dovuti a disfunzioni tiroidee nella quasi totalità dei casi è possibile ristabilire un tono dell’umore normale e coerente con il carattere della persona, con il riequilibrio della tiroide mediante tireostatici nel caso dell’ipertiroidismo e con l’ormone tiroideo sintetico nell’ipotiroidismo”.

“Con l’ipotiroidismo tutte le funzioni del nostro organismo sono influenzate negativamente, spiega Luigi Bartalena, Presidente AIT, Associazione Italiana della Tiroide, con peggioramento della qualità di vita e dello stato di benessere, spesso in maniera marcata non solo nelle forme conclamate ma anche nelle forme iniziali, forse impropriamente definite subcliniche. La terapia sostitutiva è attuata impiegando la levotiroxina (T4) che è il principale ormone prodotto dalla tiroide. In un’epoca di medicina sempre più personalizzata e di precisione ogni paziente deve essere attentamente monitorato perché la quantità di ormone necessaria per riportare in equilibrio lo stato tiroideo varia da individuo a individuo in rapporto anche a variazioni dell’assorbimento del farmaco che deve essere assunto almeno mezz’ora prima di colazione evitando la concomitante assunzione di farmaci e cibo interferenti come soia, crusca, calcio, ferro, caffè, succo di pompelmo e farmaci gastroprotettori. Oggi la medicina personalizzata e di precisione in questo ambito è favorita dalla disponibilità di diverse formulazioni della levotiroxina che vanno dalle classiche compresse, alle capsule molli e alle fiale monodose liquide per uso orale che possono essere assunte insieme alla colazione e possono quindi meglio adattarsi alle esigenze del singolo paziente. Inoltre, nel 20% circa dei pazienti la terapia sostitutiva standard, per motivi non del tutto chiari, può non correggere pienamente lo stato di malessere nonostante che i valori degli ormoni e del TSH siano normali: in queste situazioni, l’aggiunta di piccole quantità di levotriiodotironina (T3) può migliorare efficacemente lo stato generale del paziente. In conclusione, oggi la terapia sostitutiva non ha come obiettivo solo la normalizzazione dei livelli ormonali ma anche il ripristino di una condizione di pieno benessere”.

“Le patologie endocrine risultano tra le più frequenti malattie croniche nell’anziano, precisa Fabio Monzani, SIGG, Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, e in particolare l’ipotiroidismo lieve o subclinico può colpire il 15-20% delle donne ultra settantenni. Nei grandi anziani (over 80) deve sempre essere verificato in quali casi il beneficio della terapia sostitutiva con levotiroxina superi significativamente i potenziali rischi. Le principali linee guida suggeriscono il trattamento dell’ipotiroidismo lieve in questa parte di popolazione solo in caso di effettiva presenza di malattia tiroidea con evidenti sintomi, ulteriori fattori di rischio cardiovascolare o livelli di TSH molto alti (>10 mIU/l)”.

“In ambito tiroideo, l’impiego in Medicina Nucleare di sostanze radioattive denominate radiofarmaci, in particolare il radioiodio, costituiscono un ausilio diagnostico e terapeutico insostituibile, spiega Onelio Geatti, Past President AIMN, Associazione Italiana Medici Nucleari. La diagnostica per immagini della tiroide è nella maggioranza dei casi rappresentata dall’ecografia ma, quando è necessario mappare la distribuzione della funzionalità, la scintigrafia mediante somministrazione di radioiodio è fondamentale. Il radioiodio viene anche applicato per il trattamento di alcune patologie tiroidee come ipertiroidismo da adenoma di Plummer, malattia di Basedow resistente ai tireostatici e per la terapia di carcinomi papillari e follicolari dopo completa asportazione della tiroide”.

“L’asportazione della tiroide (tiroidectomia) è un intervento sicuro ed efficace ma è un intervento delicato in quanto la ghiandola da asportare è vicina a strutture che controllano importanti funzioni come la voce e l’equilibrio del calcio nel sangue e nei tessuti, continua Luciano Pezzullo, Presidente Club delle UEC, Associazione delle Unità di Endocrinochirurgia Italiane. Le complicazioni sono molto rare ma ci possono essere e quando si verificano sono molto serie. Ne deriva che la scelta della tiroidectomia deve essere attenta e ponderata. Le nuove conoscenze derivate dalla clinica e dagli studi stanno determinando un cambiamento nell’atteggiamento chirurgico che nei prossimi anni sarà meno aggressivo e nei casi a bassissimo rischio sarà anche solo un atteggiamento “osservazionale” evitando l’intervento”.

“Tra i compiti istituzionali delle nostre associazioni, conclude Anna Maria Biancifiori, Past-President CAPE, Comitato delle Associazioni dei Pazienti Endocrini, oltre naturalmente a quello di appoggio, orientamento, accoglienza ed assistenza ai pazienti affetti da malattie tiroidee, è sempre più importante l’attività di informazione e promozione della salute e del benessere. Per tale scopo è essenziale l’attenzione della popolazione “sana” per diffondere informazioni su stili di vita corretti e segni, sintomi e percorsi di prevenzione e diagnosi adeguati. Oggi sappiamo che non è necessario attuare programmi di screening ecografico generalizzato che portano a sovra diagnosi con conseguente sovra trattamento e costi non necessari, ma puntare su una capillare e corretta attività di informazione per la prevenzione delle malattie della tiroide”.

La Settimana Mondiale della Tiroide è promossa da Associazione Italiana della Tiroide (AIT), Società Italiana di Endocrinologia (SIE), Associazione Medici Endocrinologi (AME), Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP), Associazione Italiana Medici Nucleari (AIMN), Club delle Unità di Endocrino-Chirurgia (Club delle UEC), Società Italiana di Endocrinochirurgia (SIEC), Società Italiana di Geriatria e Gerontologia (SIGG) insieme al Comitato delle Associazioni dei Pazienti Endocrini (CAPE) e sarà patrocinata da European Thyroid Association (ETA), e dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS).
La Settimana e la Giornata Mondiale della Tiroide sono sostenute con un contributo non condizionato da IBSA Farmaceutici Italia, Merck, Sanofi Genzyme e Esaote.

Per info: http://ift.tt/1A68GtG (Omniapress-16.5.2017)



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